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lunedì 19 agosto 2019

Psychè: Hikikomori: la sindrome dei ragazzi reclusi

Psychè: Hikikomori: la sindrome dei ragazzi reclusi: Hikikomori ė la sindrome dei ragazzi che si chiudono in camera rifiutando ogni aiuto. Molto diffusa in Giappone, colpisce tanti adol...

Hikikomori: la sindrome dei ragazzi reclusi



Hikikomori ė la sindrome dei ragazzi che si chiudono in camera rifiutando ogni aiuto. Molto diffusa in Giappone, colpisce tanti adolescenti anche in Italia, in continuo aumento nell'ultimo decennio. La parola giapponese significa "stare in disparte, isolarsi" e si riferisce al ritiro sociale degli adolescenti. Questi ragazzi "ritirati" in un certo senso sottraggono il proprio corpo alle relazioni sociali: non vanno più a scuola, non frequentano amici dal vivo e si chiudono sempre di più nella loro stanza, evitando nel tempo anche i rapporti con la famiglia e i genitori. Il loro ritmo di vita spesso è invertito, di giorno dormono e di notte sono svegli nella loro stanza impegnati in attività soprattutto per mezzo della rete. Potremmo definirla una forma di socializzazione virtuale, per cui il termine ritiro sociale non sembra del tutto corretto in quanto la relazione fisica e diretta col mondo viene completamente inibita mentre si sviluppa una relazione virtuale e mediata. Il fenomeno è complesso e difficile da interpretare, può essere messo in relazione con i cambiamenti della nostra società, tra questi il rapporto con il corpo e la propria immagine corporea. Oggigiorno il corpo infatti viene mostrato, anzi sovraesposto. Se consideriamo il caso in cui ci si sente inadeguati a questa richiesta, in una fase evolutiva come l'adolescenza in cui l'esposizione del proprio corpo ha tutta una serie di significati possiamo arrivare a delle gravi conseguenze come quella dell'hikikomori, dove gli adolescenti non esibiscono più il loro corpo e si chiudono in una dimensione acorporea e virtuale. Un aspetto che emerge dalle ricerche è che le nuove tecnologie non risultano la causa di questo fenomeno ma la conseguenza. La rete sembra rappresentare la fuga e la difesa per questi adolescenti, un sintomo sostitutivo che potrebbe paradossalmente proteggerli da depressione, idee suicidarie ed esordi psicotici. Rispetto a un possibile intervento strappare questi giovani dalla rete in modo violento non risulta essere efficace, come confermato da tristi epiloghi riportati dalla cronaca. Una strategia di intervento può essere la riformulazione della relazione genitori-figli, partendo anche da un nuovo rapporto dei genitori con la rete. Può essere utile capire che tipo di relazione hanno i figli con la rete, per cosa la utilizzano, che funzione rappresenta per loro, che identità riescono ad assolvere con la rete. Sperimentare un dialogo sulla rete permette di aprire un canale comunicativo con i propri figli, entrare in relazione con loro attraverso la rete e trovare una via d'accesso ad una barriera altrimenti inaccessibile. Per questo motivo è fondamentale la prevenzione ed intervenire quando si manifestano i primi campanelli d'allarme. In questa fase i genitori devono cercare di aumentare i momenti di comunicazione con il figlio.
Qualora si percepisca un peggioramento dei comportamenti di evitamento, è importante che i familiari cerchino immediatamente il supporto di un professionista, senza aspettare che l'isolamento si concretizzi, perchè più lo stadio è avanzato più è difficile riuscire a riportare il giovane alla vita sociale, che spesso richiede un intervento lungo e articolato.


A cura del dott. Andrea Morbidoni 















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